Biografia Lorenzo Mannozzi- Torini

La figura di Lorenzo Mannozzi-Torini rappresenta per il territorio montano e forestale delle  Marche e per il corpo Forestale dello Stato di questa regione la personificazione del dirigente/ufficiale quale ideale sintesi di ottima amministrazione e grande capacità organizzativa, di profonda conoscenza tecnica ed economica, di spirito di iniziativa e di apertura all’innovazione, e grande dedizione ai problemi delle popolazioni delle piccole realtà montane.

 - Nasce il 16 luglio 1908 a Terranova Bracciolini (AR) e laureatosi in Scienze Agrarie a Firenze nel 1931, viene assunto per concorso nella M.N.F. il 23 giugno 1932 come Capomanipolo ed assegnato a Potenza.

- Dal 1933 al 1941 presta servizio quale Comandante (Centurione) a Massa Carrara e, durante il periodo bellico, dal 1940 al 1943, è Comandante del Servizio Legnami per la Toscana presso il Comando della Legione a Firenze.

- Dopo la smobilitazione e lo scioglimento della M.N.F., il Capitano del Real Corpo delle Foreste Mannozzi-Torini si trova dal 1 gennaio 1944 assegnato all’Ispettorato Regionale delle Foreste di Firenze.

- Dal 1 marzo 1946 viene trasferito a Pistoia quale Capo dell’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste. E’ nominato Ispettore nel Corpo delle Foreste il 1 agosto 1947.

- Il 1 luglio 1948 è nominato Ispettore Principale del neo costituito Corpo Forestale dello Stato e il 16 maggio 1950 viene promosso a Ispettore Capo.

- Il 16 luglio 1951 è assegnato ad Arezzo quale Capo dell’Ispettorato Ripartimentale e dal 1 ottobre 1952 viene trasferito come Capo dell’Ispettorato Ripartimentale di Torino.

- Dal 1 giugno 1955 assume l’incarico di Capo dell’Ispettorato Regionale delle Foreste di Ancona; nominato Ispettore Generale il 24 dicembre 1959, resterà ad Ancona fino a conclusione della sua carriera, congedandosi il 16 gennaio 1973.

- Si spegne a Firenze il 15 dicembre 1995.

In virtù della sua lunga e feconda permanenza a Capo dell’Ispettorato Regionale per le Marche di Ancona, il dottor Lorenzo Mannozzi-Torini è universalmente riconosciuto come colui che ha “fatto” la storia non solo della Forestale delle Marche, ma anche il fondatore di una scuola di pensiero orientata alla conciliazione delle esigenze dell’ambiente e delle foreste con lo sviluppo delle attività umane. In tal senso si può affermare che egli abbia rappresentato uno dei più brillanti esempi ante litteram dell’approccio eco-sostenibile ai problemi della montagna e della ricostituzione del patrimonio naturale e boschivo dalle condizioni devastate in cui versava ad inizio secolo.

Dell’instancabile attività di divulgatore, di tecnico e scienziato, di organizzatore ed amministratore ne sono testimonianza, oltre il curriculum di prima grandezza in termini di esperienze sul campo, la poderosa serie di quasi un centinaio di pubblicazioni sui più svariati campi delle sistemazioni agro-silvo-pastorali come la partecipazione ad innumerevoli commissioni ministeriali per gli indirizzi programmatici e legislativi, così come le consulenze tecniche per Tribunali, gli interventi a convegni internazionali, fino alle collaborazioni con Governi esteri come ad es. il Cile, ove svolse una missione di sei mesi per lo studio dell’utilizzo delle foreste australi.

Il segno lasciato nella Forestale delle Marche è inconfondibile ed incancellabile.

Al suo dinamismo ed alla sua incessante opera di organizzazione della struttura del Corpo Forestale dello Stato, cui ha dedicato realmente anima e corpo, si devono non solo le acquisizioni di circa 10.000 ettari di terreni degli anni ’50 e ’60 al patrimonio dell’A.S.F.D. ma soprattutto le quarantasei Caserme dei Comandi Stazione localizzate in modo mirato nell’entroterra marchigiano e finalizzate alle attività di custodia e sorveglianza del patrimonio boschivo naturale e dei rimboschimenti.

In particolare, però, oggi risulta di eccezionale valore l’attività di Mannozzi-Torini in uno dei campi di studio ed applicativi al tempo considerato del tutto marginale: la tartuficoltura e la tecnica vivaistica applicata alla coltivazione di materiale di propagazione forestale. Già agli albori della sua carriera Mannozzi-Torini si dimostrava esperto in micologia; è infatti del 1932 la pubblicazione in lingua francese di un saggio “Influence ael produits d’excretion des champignons du sol sur le developpement du blé” (Bollettino della Sezione Italiana della Società Internazionale di Micologia, fasc. IX, sett. 1932), seguita negli anni da studi sulla tecnica vivaistica delle essenze forestali.

Insediatosi ad Ancona nel 1955, viene in contatto diretto con la tradizione tartuficola del pescarese, e naturalmente con la grave situazione sociale, economica ed ambientale di tutta la montagna appenninica marchigiana. Negli anni si susseguiranno numerosi interventi sia di carattere scientifico che eminentemente didattico e diretto a propagandare la tartuficoltura quale fonte di reddito integrativo per le popolazioni montane, ed il culmine è raggiunto con la pubblicazione del celebre “Manuale di tartuficoltura”, tuttora oggetto di consultazione e più volte rieditato da Edagricole e tradotto anche in francese.

Mannozzi-Torini intuisce la grande potenzialità offerta dalla coltivazione del tartufo su vasta scala quale mezzo per coniugare la necessità del recupero delle superfici nude e degradate al bosco e l’opportunità di integrazione al magro reddito delle popolazioni dell’entroterra. Ha la possibilità di verificare sul campo gli esiti dei primi esperimenti in Italia di semina di ghianda tartufigena, ovvero dall’area di circa 26 ettari sul Monte Pietralata del Comune di Acqualagna, realizzata nel 1931-32 dalla Milizia Nazionale Forestale di Pesaro con le sementi provenienti dai querceti a tartufo nero di Norcia sotto la supervisione della Cattedra Ambulante di Agricoltura di Spoleto e si convince della esigenza di innovare le tecniche vivaistiche per accrescere l’efficacia dell’inseminazione. Introduce pertanto negli anni ’56-’57 presso i vivai forestali esistenti in ogni provincia delle Marche un sistema di inoculazione della ghianda mediante immersione per tre giorni in bagno di poltiglia di tartufo, con successiva semina nelle innovative “fitocelle” di materiale plastico, al posto della propagazione a radice nuda.

La passione e la cura che Mannozzi-Torini ha posto in questa attività di ricerca e di perfezionamento della tecnica vivaistica ne fa il riconosciuto Padre della Tartuficoltura Italiana.

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