La strada consolare Flaminia, che in questo punto attraversa la gola del Furlo, fu realizzata attorno al 220 a.C. per volere di Gaio Flaminio, come collegamento tra Roma e Ariminum (Rimini).  Il tratto dell’antica via valicava qui l’Appennino nell’impervia strettoia tra i monti Pietralata (m 889 slm) e Paganuccio (m 976 slm), a sinistra del fiume Candigliano, in un percorso già frequentato in epoca preromana. Di essa possiamo distinguere in questo punto tre rifacimenti successivi.

Il piano stradale originario del 220 a.C. venne ricavato in trincea, aggirando lo sperone della montagna, e praticando, per un lungo tratto di quasi 200 m, alcuni tagli sulla parete rocciosa, ottenuti con piccone, mazza e scalpello per un’altezza di 10-12 m.  Tale piano di transito esterno alla montagna, largo tra i 6.00 e i 5.40 m, è in parte ancora ben conservato e sono riconoscibili i solchi dei carri che lo percorrevano a doppio senso di marcia. Alcuni cedimenti verificatisi già in antico, determinarono però l’inagibilità di una parte del piano stradale e il conseguente abbandono del primo tracciato. 

Verosimilmente in età augustea (27 a.C.- 14 d.C.), contestualmente ad un cospicuo intervento di restauro che la strada subì lungo tutto il suo percorso, venne creata una serie di imponenti muri di terrazzamento ed il tracciato fu spostato in galleria.

I muri di sostruzione, ancora oggi ben visibili anche se in parte sommersi dall'acqua del moderno lago artificiale, sostenevano la carreggiata nei punti critici per un tratto di circa mezzo km e raggiungevano qui altezza eccezionale di circa 20 m; erano costruiti in "opera quadrata", ossia con filari orizzontali di blocchi squadrati di pietra corniola (del tutto simili a quelli visibili nell’area dell’Abbazia di San Vincenzo al Furlo) e caratterizzati dalla presenza di contrafforti aggettanti dal muro, posti a distanze non regolari. 

In occasione dei lavori di consolidamento e ripulitura di quest’area, effettuati nel settembre 2011 ad opera della Provincia di Pesaro-Urbino, è stato possibile acquisire nuove informazioni riguardo alla tecnica costruttiva di tale muro di terrazzamento: esso è largo 2.40 m ed è realizzato nella parte del paramento in grossi blocchi legati tra loro con grappe in piombo e nella restante parte verso monte in ciottoli legati a calce.

Il tratto di strada tra il muro e la parete della galleria, dove era avvenuta la frana, venne livellata con un riporto di ghiaia.

La prima galleria, di piccole dimensioni (lunga 8 m e larga circa 3.30 m) e di fattura poco accurata, fu scavata come soluzione temporanea, permettendo il passaggio di un solo carro.

La seconda galleria (tuttora in uso) venne realizzata dall’imperatore Vespasiano, fra il 76 e il 77 d.C. Tale opera rappresenta uno dei migliori esempi conservati di tunnel di epoca romana posti lungo tracciati stradali, una tipologia di infrastruttura di per sé piuttosto rara (in Italia se ne contano infatti meno di venti). 

Più interno e più lungo rispetto al precedente, questo secondo traforo (lungo 38 m, largo mediamente 5.30 m circa e alto 6 m), venne scavato nel calcare con percorso leggermente in curva. In antico il piano stradale presentava una leggera pendenza verso ovest, attenuata nell’Ottocento in parte con uno scavo (di cui è visibile alla base della parete il diverso taglio) e in parte con un interro. Anche i due ingressi, subirono dei cambiamenti agli inizi del Novecento, quando quello orientale venne ampliato con mine e quello occidentale rivestito in blocchi di pietra.

torna all'inizio del contenuto